Intervista su Opera Incerta
Le espressioni dell’animo umano tra le volute delle Chiese: Intervista a Marco D’Avola
Ha unito la sua profonda religiosità alla sua passione: la musica. Le sue esecuzioni hanno accompagnato i versi di uno dei poeti più rappresentativi della poesia del Novecento: Mario Luzi, le vibrazioni intense delle sue composizioni ancora oggi, come da tradizione, costituiscono il punto di connessione tra spirito e materia.
Marco D’Avola, tra gli organisti italiani più riconosciuti a livello internazionale ci rivela unioni e separazioni nella musica.
Dall’esterno l’attività di un compositore sembra un po’ un tagliare, ricucire, attaccare, allontanare, ma anche un continuo accostare tecnica e spirito, freddo “mestiere” e anima, spiritualità ed emotività per dare vita a delle emozioni. Come nascono le sue composizioni?
Se pensiamo alla asettica atmosfera degli “studi”, immersi nella caotica realtà delle grandi città, in cui i “compositori-architetti-matematici” di oggi tagliano, cuciono, incollano freddamente serie di note e numeri per poi far credere al pubblico che quella è la vera forma di arte del mondo contemporaneo, allora l’attuale quadro dell’arte in genere è veramente desolante: per di più, schiere di “critici” (al cui riguardo ogni parola di disappunto sarebbe riduttiva) acclamano a tali opere (rectius, “operazioni”) trovandovi indecifrabili motivazioni di ispirazione e di genialità.
Ed il pubblico? Diserta le sale da concerto o, se costretto, lo fa per apparire o, semplicemente, per non sentirsi menomato nelle proprie capacità intellettive agli occhi del mondo “colto”.
Nessuno più di Alberto Sordi ha saputo dare lezione migliore al riguardo, offrendo nel suo film “Vacanze intelligenti” il vero spaccato della condizione dell’arte di oggi.
Ma, grazie a Dio, l’uomo è fatto ancora di animo e cuore, ricerca il bello e rifugge l’assurdo, crede nei valori più intimi e non c’è stridio di suoni o elogio di critici che possano convincerlo del contrario; ed, allora, le pagine dei Grandi (da Vivaldi a Mozart, da Beethoven a Thchaichowsky, da Verdi a Rachmaninoff (per non parlare delle sublimi melodie gregoriane) ritornano a trionfare nelle sale da concerto e nel cuore di ciascuno di noi, così come una bella canzone d’amore.
Questo perché c’è un linguaggio universale, quello del cuore, che niente e nessuno potrà mai contraffare con esperimenti tecnico-matematici applicati all’arte.
Le mie composizioni nascono dal cuore, dalle emozioni giornaliere ed eterne dell’amore di mia moglie e delle figlie, dalle sensazioni indescrivibili che discendono dalla bellezza della natura nelle sue molteplici espressioni, dalla evocazione della storia che ci ha preceduto ma che ha posto le basi del nostro essere, e descrivono l’insieme di questi sentimenti, mirando al cuore degli ascoltatori, dialogando di ciò che è veramente il “bello” della vita, unica linea guida dell’animo umano dai primordi all’eternità.
Lei è Organista Onorario presso la Cattedrale di San Giovanni Battista di Ragusa, qual è il suo rapporto con la religione, come vive questa unione tra arte e religione?
La religione, intesa genericamente come credenza nel soprannaturale, interpreta l’esigenza dell’uomo, espressa in ogni epoca e società, di ricercare nel Cielo la ragion d’essere di sé stesso e di ciò che lo circonda, con il crollo storico di ogni forma di razionale materialismo.
La religione dà senso alla nostra vita, nella misura in cui ci dà la certezza di un Padre buono che ci guida, ascolta le nostre preghiere e ci dà ciò di ciò di cui abbiamo bisogno, senza che si debba aver timore di riconoscerlo, quasi fosse una demonutio.
L’arte è uno dei talenti che Dio ci ha dato e, come tale, non può non ricondursi a Lui: la mia musica sente di testimoniare la Sua grandezza, traendo spunti meravigliosi dalla profondità e dalle verità delle Scritture: ma, tutto ciò, senza enfasi, con la semplicità del cuore.
Le sue composizioni hanno un’aurea di sacralità, di religiosità, eppure lei ha musicato delle poesie di un autore contemporaneo come Mario Luzi, proteso verso il sublime eppure così profano, ineluttabilmente legato alle contraddizioni del nostro Novecento. Qual è stato il significato di questa unione, come è avvenuto questo incontro e cosa ha significato per lei questa esperienza
L’incontro con l’opera di un grande del Novecento ha rappresentato l’occasione per interpretare le tensioni del mondo e dei tempi in cui viviamo.
D’altronde, vivere nel mondo significa coglierne tutti gli aspetti e la forza di un artista deve essere quella di farsi ambasciatore dei valori, per se stesso e per i suoi contemporanei, divenendo punto di collegamento tra il passato ed il futuro.
Non v’è dubbio che le sublimi immagini di Mario Luzi trascendono da ogni classificazione, rappresentando autentici capolavori di una spiritualità attuale e contingente, vissuta nel tempo, ma senza “un” tempo.
E l’interpretazione delle liriche di Mario Luzi, adagiate sulle musiche ispiratemi dai suoi testi, ha costituito una pagina importante della mia attività.
L’organo è tradizionalmente legato alle grandi volute architettoniche delle antiche cattedrali , è uno strumento con una storia imponente, forse anche per questo si tende ad ascoltare esibizioni più filologiche che innovative?
L’organo è il re degli strumenti musicali: più d’ogni altro, come un’orchestra, è capace non solo di creare e forgiare i suoni ma, soprattutto, di creare una assoluta immedesimazione con l’interprete, che diventa un tutt’uno con il corpo sonoro. La estrema varietà dei timbri e dei colori sonori, l’intima dolcezza di alcuni “registri” così come la grandiosità del “plenum”, immedesima la natura divina dell’uomo, in tutti i suoi aspetti più variegati.
Sotto tale aspetto, la filologia in senso stretto mal si addice ad uno strumento che, come l’uomo, pulsa di vibrazioni, ha un cuore, dei polmoni pieni d’aria, dei “registri” per piangere, per celebrare, per gridare, per parlare, per disegnare tra le volute delle Chiese tutti i sentimenti e le emozioni che l’animo umano è capace di esprimere.
Come riesce ad innovarsi questo strumento nelle sue composizioni?
Data la varietà dei timbri e delle possibilità sonore, l’organo non finisce di offrire, sia al compositore che all’interprete, la possibilità di esprimersi in tutta la sua personalità; l’organo, pertanto, consente al compositore di creare atmosfere sempre nuove e personalissime, esprimendo le emozioni di un momento, i colori di un sentimento, la forza della propria personalità.
Lei è membro del “Royal College of Organists” di Londra e Direttore Artistico di due prestigiosi Festival Organistici Internazionali nella Città di Ragusa, inoltre porta avanti una assidua attività concertistica cosmopolita. Queste attività l’hanno portata a conoscere la realtà organistica di svariati Paesi: com’è il mondo dell’organo oltr’alpe e oltre oceano? Quali differenze riscontra rispetto all’Italia.
La musica organistica svolge un ruolo di primaria importanza nel panorama culturale internazionale, certamente di ben maggiore rilievo rispetto al panorama italiano.
Lo sviluppo dell’organo e della sua letteratura hanno molto risentito delle vicende della Chiesa nelle varie nazioni, assumendo un ruolo preponderante nella chiesa luterana ed in quella anglicana.
Inoltre, ogni nazione ha sviluppato, nei secoli, una particolare tipologia di organo, sicché la musica organistica ha avuto svolgimenti differenti in tutta Europa, coerentemente alle correnti ed ai movimenti che si svolgevano parallelamente nelle altre branche dell’arte.
Così, ad esempio, mentre in Germania la musica organistica è stata improntata alla severità della liturgia luterana, invece in Francia la musica organistica è stata più libera di aderire ai ferventi culturali tardo ottocenteschi e del Novecento, partendo dall’impressionismo e dando vita al sinfonismo francese che, a mio giudizio, rappresenta la maggiore e più completa espressione della letteratura organistica di tutti i tempi.
In Italia – dove pure aveva ricevuto la propria consacrazione già con le prime chiese cattoliche – tuttavia l’organo ha risentito della forte presenza della Chiesa romana e dei suoi continui richiami al passato, non riuscendo ad acquisire in pieno una propria dignità autonoma rispetto al panorama liturgico ad eccezione del XIX secolo, in cui la letteratura organistica si è uniformata alla musica melodrammatica ed operistica, ricalcandone gli aspetti teatrali.
Oggi, purtroppo, l’organo italiano –da una parte- soffre le vicende del passato, nonostante si sia sviluppato un larghissimo interesse al restauro che ha dato splendidi frutti e – dall’altra parte – è troppo spesso miseramente relegato al silenzio di fronte al deplorevole uso delle chitarre e quant’altro, che ha trasformato il canto liturgico in esibizioni canore tutt’altro che consone al ruolo e di scarsissimo livello.
Di conseguenza, anche l’attività concertistica italiana è molto ridotta rispetto a quella che si svolge all’Estero.
Lei oltre che compositore ed esecutore è anche Docente di Organo e Composizione organistica presso l’Istituto Musicale di Modica. Qual è l’approccio delle giovani generazioni nei confronti di questo strumento e qual è lo spirito con cui vi si accostano.
Al riguardo, non posso che rifarmi a quanto appena detto, rilevando che le condizioni dell’organista italiano non sono minimamente paragonabili a quelle dei colleghi stranieri, sia in termini di dignità professionale che di prestigio, nonché di ritorno economico.
In Europa e negli stati Uniti non v’è chiesa che non abbia il proprio organista titolare e maestro di cappella: questi è posto nelle condizioni di vivere come tale, curando le funzioni liturgiche e realizzando autentici capolavori d’arte in ogni celebrazione, con l’esecuzione continua delle messe di Bach, di Mozart, di Haydn, con tanto di orchestre e cori di primissimo livello.
In Italia, invece, a parte rare eccezioni, il ruolo dell’organista titolare di una chiesa è relegato (chitarre permettendo) all’accompagnamento di canti (del più basso stampo sanremese, che uccidono la musica, mortificano il sacro raccoglimento ed impediscono l’intima preghiera) durante le funzioni ed alla esecuzione di stereotipi e sbrigativi brani durante i matrimoni: tutto qui.
E’ evidente che, date tali premesse, l’interesse dei giovani nei confronti dell’organo è veramente molto ridotto rispetto a quello che si dedica ad altri strumenti (archi, fiati, ottoni, pianoforte); inoltre, se si consideri l’enorme difficoltà e complessità dello studio dell’organo (non paragonabile a quella di qualsiasi altro strumento), nonché la difficoltà di potersi esercitare per ore su di un organo vero (sono veramente rari i casi in cui un organo completo venga messo a diposizione di uno studente dal rettore di una chiesa), ben si comprende come i giovani siano costretti ad indirizzare la propria attenzione verso studi musicali e strumenti più duttili e, soprattutto, maggiormente forieri di soddisfazioni professionali e di possibilità di lavoro.
Tra le sue ultime fatiche c’è la fondazione dell’Associazione Organistica Siciliana, di che si tratta?
La Provincia di Ragusa è ricca di uno straordinario patrimonio di organi storici: non v’è chiesa in cui non esista un organo, sia di piccole che di grandi dimensioni, ma tutti di eccellente fattura artigianale e di pregevole costruzione.
Infatti, accanto a piccoli strumenti realizzati da ottimi artigiani (taluni rimasti anonimi) subito dopo il terremoto del 1693 (magari inglobanti parti sonore degli strumenti preesistenti), esistono numerosi organi di dimensioni più rilevanti costruiti da una delle Case organarie più prestigiose che l’Italia abbia mai avuto, quella dei Fratelli Serassi di Bergamo. Questi organi costituiscono il fiore all’occhiello del nostro patrimonio e, per dare una misura della loro rilevanza, basti considerare che l’Organum Maximum del Duomo di San Giorgio in Ragusa Ibla costituisce lo strumento più grande e complesso mai costruito dalla Ditta Serassi; se a questo si aggiungono gli splendidi organi della Cattedrale di Ragusa, delle Chiese delle Anime Sante del Purgatorio, del Ss. Ecce Homo, del Ss. Salvatore (tutti a Ragusa), cui fanno da contraltare gli splendidi organi di San Giorgio, San Pietro e San Giovanni in Modica, e poi Ispica, Scicli, Comiso, Vittoria, Chiaramonte ed Acate, ben si comprende come un patrimonio del genere non possa e non debba essere disconosciuto e valorizzato a livello internazionale.
Ma la Provincia di Ragusa ha anche avuto ed ha i suoi massimi esponenti nel campo dell’arte organaria: dopo la chiusura, la fabbrica di organi impiantata dai Fratelli Serassi a Modica (!) e poi condotta dall’ottimo Casimiro Allieri, fu rilevata dalla Casa Organaria dei Fratelli Polizzi, geniali artigiani che hanno operato fino alla seconda metà del XX secolo, realizzando autentici capolavori d’arte, all’avanguardia con i tempi ma nel pieno rispetto della migliore tradizione italiana. Meraviglioso allievo ed erede della tradizione dei Polizzi è il M° Antonio Bovelacci, che dei Serassi-Polizzi ha rilevato una raffinatissima arte ed, oggi, insieme al figlio Alessandro, ha dato vita, proprio a Ragusa, ad una delle più prestigiose Case organarie d’Italia, specializzata nel restauro filologico ed amorevole dei capolavori del passato di tutta la Sicilia.
Sulla base di queste premesse (doverosamente, ma miseramente, brevi) è da poco nata a Ragusa l’Associazione Organistica Siciliana che, raccogliendo il contributo sia dei massimi esponenti del mondo organistico ed organario europeo, che degli appassionati e cultori d’organo, si occuperà del recupero e della valorizzazione del patrimonio organario siciliano a livello internazionale.
La Sicilia tutta, infatti, custodisce un autentico tesoro di organi storici e recenti e la loro valorizzazione, oltre che motivo di pregio storico e culturale, potrà essere oggetto di un prestigiosissimo ritorno d’immagine e volàno di flussi turistici del settore da ogni parte del mondo.
Ci può dare delle anticipazioni sui prossimi Festival Organistici internazionali che si svolgeranno a Ragusa?
Il Festival Organistico Internazionale “Città di Ragusa” giunge quest’anno alla XVI edizione: nel corso delle precedenti edizioni ha già ospitato molti dei più grandi organisti a livello europeo, i quali si sono compenetrati nella realtà locale, portando il rilevantissimo contributo delle proprie esperienze artistiche e divenendo, al tempo stesso, i migliori ambasciatori della nostra atavica cultura (nonché ospitalità) e del pregio artistico del nostro patrimonio di organi storici.
Il nostro obbiettivo, pertanto, è quello di portare a Ragusa tutti i più grandi organisti del mondo, affinché – da una parte – il Festival si affermi sempre più come punto fermo del mondo organistico mondiale e – dall’altra parte – il pubblico ibleo e siciliano abbia il privilegio di ascoltare la più grande musica, privilegio che si è conquistato con una costanza, un attaccamento ed un affetto assolutamente mirabile nei confronti dell’organo, che trova ben pochi riscontri in luoghi ben più titolati. Per ottenere questi risultati, occorre però che le Amministrazioni locali, cittadina e provinciale (cui va senz’altro riconosciuto il merito di aver dato credito alla iniziativa) comprendano definitivamente ed appieno l’enorme portata culturale e d’immagine del Festival Organistico, consentendone la programmazione a lungo termine e destinando quei fondi adeguati che – spesso dispersi in maniera non proprio produttiva – consentirebbero invece la definitiva consacrazione della Manifestazione. Anche la sponsorizzazione privata (che ha già trovato alcuni illuminati esponenti) potrebbe ben sostenere la Manifestazione, traendone un rilevantissimo ritorno d’immagine. Auspichiamo pertanto che, insieme a quelle realtà che hanno meritato alla nostra Provincia il titolo di Patrimonio dell’Unesco, venga riconosciuto anche il patrimonio organistico, che faccia di Ragusa la “Provincia degli organi Storici”.
Dove la condurrà la prossima tournée e quale sarà il repertorio?
La prossima tournee si svolgerà in Germania (Berlino, Monaco, Dresda, Lipsia, Brandeburgo), Austria (Vienna e Salisburgo) e Polonia (Varsavia e Breslavia). Nel 2009 suonerò in Spagna (Madrid e Siviglia), in Francia (Notre Dame di Parigi, Digione, Bordeaux, Lione) e nuovamente in Germania ed a Budapest. Nel 2010 seguirà una quarta tournee in Gran Bretagna ed Russia, con due appuntamenti importantissimi alla Filarmonica Šostakovic di San Pietroburgo ed alla Sala Cajkovskij di Mosca; quindi, nel 2011, una terza tournee negli Stati Uniti.
Il repertorio delle musiche sarà il mio preferito, ossia la letteratura romantico-sinfonica francese, inglese ed italiana, nonché brani di mia composizione.
In occasione delle tournées, effettuerò l’incisione di compact disc e la registrazione per le televisioni tedesca, francese, russa ed americana.
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